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Capezzoli Introflessi: cos’è il Rientro del Capezzolo e Come Risolvere

26 Aprile 2023 Scritto da Serena Ghezzi
Capezzoli Introflessi

I capezzoli delle donne e degli uomini normalmente sporgono oltre la superficie dell’areola donando al petto nel suo complesso un aspetto proporzionato e armonioso.

Generalmente il capezzolo delle donne si proietta per circa 5-8 millimetri oltre il piano areolare, mentre quello degli uomini in misura minore pari a circa 3-5 millimetri.

L’introflessione dei capezzoli si verifica laddove tale condizione tipica non sia rispettata e il capezzolo si trova in posizione rientrata rispetto all’areola che si ritroverà a coincidere con l’apice mammario.

I capezzoli introflessi si manifestano in una vasta parte della popolazione soprattutto femminile (le donne ne risultano affette in una proporzione maggiore di uno a dieci), ma anche maschile (che tuttavia ne trascura con maggiore probabilità i disagi che ne conseguono).

La condizione può trarre origine da cause congenite, che spesso non hanno risvolti funzionali e patologici, oppure da cause acquisite, come a seguito di traumi o altri eventi. Generalmente il problema si manifesta sin dalla nascita.

Diverse e variegate sono anche le forme che assumono il capezzolo e la mammella a seconda della causa di tale condizione. Così come il disturbo può riguardare solo una parte del corpo e quindi essere monolaterale oppure entrambe le parti del corpo ed essere bilaterale.

I disagi che conseguono ai capezzoli introflessi sono perlopiù estetici con imbarazzi e fastidi a mostrare il proprio seno anche al partner o in fase di allattamento, disagi estetici che si possono riversare anche in condizionamenti psicologiche che ci impediscono di vivere serenamente ed in armonia con il proprio corpo e limitarci nei rapporti sociali.

I disagi, tuttavia, possono essere anche funzionali – soprattutto connessi all’allattamento – o patologici – se la condizione di introflessione dei capezzoli porta con sé anche dolori o infiammazioni limitanti e spiacevoli.

Al giorno d’oggi vi sono vari rimedi per correggere la condizione di capezzoli introflessi. Il rimedio elettivo per risolvere il disagio consiste in un piccolo intervento chirurgico che viene eseguito in regime ambulatoriale o di day hospital a seconda dell’entità del problema. Vi sono tuttavia anche rimedi immediati e in alcuni casi “fai da te” che talvolta è possibile intraprendere autonomamente.

Capezzoli Introflessi: quali sono le cause più comuni

Come anticipato, le cause di capezzoli introflessi possono essere diverse e talvolta collimanti.

Tendenzialmente si propende per suddividere le cause dei capezzoli introflessi in congenite o acquisite e spesso la diagnosi ricadrà sulla prima ipotesi anche se non sono pochi i casi in cui l’origine del disturbo derivi da altri fattori.

Le cause congenite sono ascrivibili e ricercabili in malformazioni genetiche o congenite connesse ai tessuti fibrociti strutturali e/o in una brevità duttale.

La mammella infatti è costituita dal complesso delle ghiandole lattifere, dai tessuti adiposi e dai tessuti strutturali. Il complesso delle ghiandole lattifere confluisce all’apice mammario attraverso i dotti galattofori che ci permettono espellere le secrezioni di latte all’esterno e di compiere l’atto dell’allattamento. I dotti galattofori per cause congenite possono risultare troppo corti, trattenendo e tirando il capezzolo verso l’interno della mammella e costringendolo ad una posizione introflessa.

Le cause acquisite sono ascrivibili invece a traumi o patologie come forti mastiti, esiti previsti o non previsti di operazioni chirurgiche, l’allattamento, ma anche variazioni di peso soprattutto quando improvvise e di un certa importanza e da tutta una serie di patologie benigne o maligne.

Nelle ipotesi in cui l’introflessione dei capezzoli si manifesta in modo progressivo nell’arco di vari anni spesso è associata a cause benigne che non necessitano di intervento e si risolvono soprattutto in un disagio estetico.

Nell’ipotesi opposta in cui l’introflessione si palesa in tempi brevi e in modo repentino spesso è associata a disturbi infettivi o neoplasie o traumi di una data entità che necessitano di essere valutati prontamente.

Le principali cause dei capezzoli introflessi sono

  • brevità dei dotti galattofori e fibrosi periduttale, la causa primaria di tale condizione originata e comprovata da aderenze dei tessuti interni
  • predisposizione congenita, che può avere origine ereditaria o essere associata ad una malformazione congenita, colpendo circa il 10% della popolazione femminile
  • retrazione acquisita, a seguito di infezioni o infiammazioni, traumi o patologie, come mastiti o interventi chirurgici
  • neoplasie, la prevenzione al seno è sempre importante soprattutto allorquando si presenti una introflessione asimmetrica dei capezzoli delle mammelle
  • allattamento, al cui esito si può presentare il disagio della retrazione dei capezzoli
  • ginecomastia, l’anomalo sviluppo del seno maschile
  • infiammazioni frequenti, che compromettono i tessuti connettivali

Tipologie di Capezzoli Introflessi e forme diverse

Diversi sono i sinonimi con cui ci si indicano i capezzoli introflessi. La condizione in esame infatti può essere denominata anche

  • capezzoli rientranti
  • capezzoli invertiti
  • capezzoli ciechi

E’ opportuno tuttavia effettuare una distinzione tra capezzoli retratti, in cui solo una parte dell’elemento è trattenuto all’interno dell’areola, e capezzoli introflessi, in cui l’intero capezzolo si trova al di sotto della superficie areolare. Solo in questo ultimo caso sarebbe opportuno utilizzare i sinonimi sopra elencati.

Altra distinzione è tra i capezzoli introflessi e i capezzoli piatti, distinzione che vedremo qui di seguito.

I capezzoli introflessi sono classificati a seconda del grado più o meno severo dell’inversione

  1. primo grado, il capezzolo è leggermente introflesso e può essere facilmente disteso con manovre manuali. Tenderà a non rientrare immediatamente in sede e a rimanere estroflesso per un dato periodo di tempo. L’allattamento non è compromesso.
  2. secondo grado, il capezzolo è discretamente introflesso e le manovre manuali per estrofletterlo non sono immediate. L’allattamento può risultare difficoltoso e al rilascio il capezzolo rientra in sede istantaneamente.
  3. terzo grado, il capezzolo è fortemente introflesso, l’allattamento è compromesso e né il freddo né le manovre manuali sono in grado di estenderlo verso l’esterno. Il rischio di infezioni è elevato.

Capezzoli piatti: cosa sono e quali sono le cause

Diverso dal caso in esame è l’ipotesi dei capezzoli piatti. In tale condizione, i capezzoli non si trovano né sopra né sotto la superficie areolare, ma sullo stesso piano risultando totalmente in linea con l’areola stessa.

La condizione dei capezzoli piatti raramente è associabile a disfunzioni e solo in casi isolati rende impossibile l’allattamento.

In tale ipotesi prende rilievo soprattutto l’aspetto estetico in quanto l’inestetismo può in ogni caso provocare disagi.

Come capire se ho il Capezzolo Invertito

Vi sono sintomi da prendere in considerazione nell’ipotesi in cui siamo affetti da capezzoli introflessi.

I sintomi variano grandemente in base alla gravità della condizione ed è buona norma tenerli sott’occhio:

  • introflessione del capezzolo, chiaramente il primo segnale da verificare
  • difficoltà nell’estensione, applicandovi del freddo o stimolandoli manualmente si ha difficoltà ad estroflettere i capezzoli
  • dolori, nella zona delle areole o in generale su tutto il seno coinvolto
  • difficoltà all’allattamento, la posizione del capezzolo rende difficoltosa o impossibile la manovra dell’allattamento del bambino
  • pelle irritata o infiammata, nella zona dell’areola
  • inestetismi, la forma del capezzolo e dell’areola e le depressioni cutanee che si formano causano disagi estetici e psicologici a chi ne è affetto.

Capezzolo Introflesso: i rimedi più diffusi

Vi sono vari rimedi per risolvere i problema dei capezzoli introflessi, alcuni semplicissimi, altri “fai da te”, alcuni poco invasivi e altri risolutivi e con risultati permanenti:

  • manovra di Hoffman: tecnica manuale praticabile soprattutto durante la gravidanza e l’allattamento nell’ipotesi sia difficoltoso, consiste nel posizionare i pollici di fianco al capezzolo, premerli verso il seno e contemporaneamente allontanarli tra loro affinché sia favorita l’estroflessione del capezzolo.E’ opportuno praticare la manovra più volte al giorno al fine di tentare di allentare i tessuti fibrotici retratti e distendere il tessuto connettivale del capezzolo.
    La manovra ha effetti temporanei.
  • Niplette: dispositivi farmaceutici facilmente applicabili durante il giorno. Si tratta di vere e proprie ventose che creano una pressione negativa sul piano areolare forzando il capezzolo introflesso ad uscire fuori. La posizione estroflessa è mantenuta dallo stesso dispositivo che pertanto andrà applicato per 8-10 ore al giorno affinché ne possiamo apprezzare i risultati..
    Le ventose spesso provocano fastidiose ulcere del capezzolo e i risultati non sono definitivi con un alto grado di recidiva
  • piercing: sembrerà strano, ma a chi piace questo accessorio estetico, può permettere anche di risolvere gli inestetismi e le condizioni associate ai capezzoli retratti.

Il risultato è ottenuto dall’applicazione del piercing che, una volta rimosso, potrà comportare una nuova comparsa del problema.

  • intervento chirurgico: il rimedio elettivo per risolvere il problema dei capezzoli introflessi, una operazione in ogni caso rapida e non dolorosa che scansa le ipotesi di recidiva e garantisce risultati definitivi.

In ogni caso, in ipotesi in cui si crede di essere affetti da capezzolo introflesso è buona condotta rivolgersi al proprio medico curante o ad uno specialista per diagnosticare la problematica e intraprendere il percorso informato che sia indicato al caso specifico. Il problema infatti potrà avere una soluzione anche immediata, ma è necessario intraprendere ogni iniziativa solo dopo essersi informati sul trattamento giusto da percorrere e sulle modalità per effettuarlo.

Capezzoli Introflessi e piercing: può essere una soluzione per risolvere il problema?

Ebbene sì, la pratica estetica del piercing – per chi accetta e gradisce questa forma di abbellimento del proprio seno – può essere indicata per le persone che sono affette da capezzolo introflesso e desiderano un rimedio immediato.

La soluzione è praticabile tuttavia solo quando è possibile estroflettere il capezzolo con l’applicazione del freddo e con manovre manuali e il capezzolo stesso rimane in posizione estroflessa per il tempo necessario ad inserire il monile.

Il “tiraggio” della pelle e del tessuto connettivale effettuato dal piercing favorirà il rilassamento dei tessuti fibrotici.

I risultati potranno essere temporanei o permanenti, ma l’ipotesi di recidiva è frequente per cui è consigliato mantenere il monile il più tempo possibile.

E’ possibile allattare con i Capezzoli Introflessi?

L’allattamento difficilmente è ostacolato da una condizione di capezzoli introflessi in quanto il bambino, tramite le gengive e le labbra, afferra una parte del seno più ampia rispetto al capezzolo e alla stessa areola. La pressione negativa esercitata dal pargolo permetterà talvolta l’estroflessione del capezzolo, che tuttavia non è necessaria affinché il pargolo sia nutrito correttamente.

Alcune pratiche che saranno indicate dalle ostetriche e dagli specialisti, favoriranno l’allattamento e potranno essere intraprese da ogni donna prima della poppata. Un esempio è la semplice applicazione del freddo tramite impacchi di acqua o la manovra di Hoffman sopra descritta o l’applicazione preventiva delle ventose (Niplette).

Intervento Chirurgico per risolvere i Capezzoli Introflessi

Nelle forme moderate e gravi di capezzoli introflessi, l’intervento chirurgico è il trattamento elettivo per risolvere definitivamente la problematica, eliminare i disagi estetici e funzionali collegati alla condizione e tornare ad essere a proprio agio con il vostro corpo.

L’intervento chirurgico prende il nome di mammoplastica di allargamento del capezzolo e può essere effettuato mediante diverse tecniche operatorie che avranno tutte lo stesso risultato voluto con eliminazione della fibrosi periduttale e definizione dei dotti galattofori troppo corti.

L’intervento è eseguito generalmente in anestesia locale ed ha una durata di circa 60 minuti in regime di day hospital.

L’intervento chirurgico può essere eseguito singolarmente o, con l’occasione, associandolo ad altri interventi come la mastoplastica additiva o riduttiva, la mastopessi o il lipofilling.

La mastoplastica additiva potrà essere l’unico intervento indicato nell’ipotesi molto gravi di capezzolo introflesso, ipotesi in cui il riposizionamento del capezzolo che il chirurgo effettuerà durante l’intervento permetterà di dare nuova forma allo stesso e risolvere la problematica.

I risultati sono duraturi e permanenti e il rischio di recidive è raro. I punti di sutura sono applicati sia internamente (riassorbibili) che esternamente. Le cicatrici sono collocate sull’areola e non sono visibili a occhio nudo, con la tendenza a scomparire con il passare del tempo.

Capezzoli Introflessi a chi rivolgersi a Firenze e a Prato

La Dott.ssa Serena Ghezzi è chirurgo plastico con esperienza accademica, ospedaliera e professionale in ambito nazionale ed internazionale e con abilitazione medica di Esperta in Laser Terapia e Laser Chirurgia ad indirizzo estetico.

In Toscana la Dott.ssa Serena Ghezzi è un punto di riferimento nell’ambito della medicina estetica e della chirurgia plastica impiegando le tecniche ambulatoriali e operatorie più innovative per valorizzare la bellezza della persona e soddisfare le aspettative desiderate.

La Dott.ssa Serena Ghezzi riceve a Firenze e Prato dove alla visita di consulto ascolterà i desideri del paziente e esaminerà i capezzoli introflessi, indicando il percorso migliore da intraprendere per correggere la condizione, eliminare i disagi estetici e funzionali e restituire al seno la bellezza delle proprie forme naturali.

Dott.ssa Serena Ghezzi

Medico Chirurgo | Specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica

• Referente esclusivo della Chirurgia Plastica ricostruttiva post bariatrica degli Ospedali ASL Santa Maria Nuova di Firenze e San Jacopo di Pistoia
• Diploma di Esperta in Laserterapia e Laserchirurgia ad indirizzo estetico
• Socia ordinaria della SICPRE (Società Italiana di Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica) e della SIME (Società Italiana Medicina Estetica)
• Iscritta all’Ordine dei Medici di Firenze al n. 13089 il 28/7/2010

Già ricercatrice universitaria, ha maturato una grande esperienza nei più prestigiosi ospedali nazionali e internazionali, con una lunga lista di pubblicazioni nelle più autorevoli riviste del settore e centinaia di interventi chirurgici effettuati.